Conosci la regola dell'1% (o 1-9-90)?
Io l’ho scoperta qualche giorno fa, mentre scrivevo la mia tesi.
Secondo questa, ogni contenuto che si trova in rete viene creato da una persona (1), con questo contenuto interagiscono nove persone (9) tramite commenti, condivisioni o altre interazioni, mentre novanta (90) sono le persone che usufruiscono di esso senza però lasciare traccia di averlo fatto.
Io dove mi collocavo?
Per l’80% delle volte ero sempre nella categoria “90”.Indipendentemente dal canale social, osservavo, apprezzavo i contenuti, a volte li salvavo: e in cambio cosa davo ai creatori? Nulla.
Ho preso, ho preso solamente, e l’ho fatto per anni.
Con questo percorso "alla scoperta di me” invece provo a mettermi per la prima volta dall’altro lato, in quel piccolo spicchio abitato dall’”1%”.
È un “habitat” comodo?
Sicuramente no, almeno per me non lo è.
Vuol dire raccontarsi ad un pubblico potenzialmente vasto senza sapere se il tuo percorso può interessare o meglio, può essere utile a qualcuno.
Una cosa che ho imparato, banale forse, è che anche se penso che i miei problemi riguardino solo me, in realtà sono comuni a moltissime persone.
Quello che hai appena letto è uno dei primi post che ho pubblicato su LinkedIn e risale a 4 anni fa quando, per un progetto di Personal Branding, avevo aderito ad una sfida: creare 1 post al giorno per 30 giorni.
L’1-9-90 è però un concetto che ciclicamente torna alla mia mente. Lo ha fatto quando ho iniziato a pubblicare qui, con questa newsletter.
Lo ha fatto di nuovo quando, qualche settimana fa, ho letto la newsletter di
: “Perché scrivere una newsletter quando non ti legge nessuno - e come imparare a tollerarne il disagio”L’ho trovata sincera, come se fosse scritta da un amico che non ha bisogno di impressionarti. Senza sovrastrutture e la paura di dire che sì, ci sono anche quei momenti in cui ti sembra tutto inutile e ti chiedi se abbia senso continuare.
Soprattutto l’ho trovata estremamente versatile.
Parla di “scrittura di una newsletter” ma i suoi concetti potrebbero essere applicati a qualunque “nuovo inizio”.
Quello in cui dopo aver abitato per anni quel 90% decidi di spostarti in quello spazio formato dall’1%.
Capire facendo
Ho sempre ammirato chi ha le idee chiare, un progetto in mente, una direzione definita verso cui muoversi.
Nel mio caso non è così, non ora almeno.
Spostare il focus da “iniziare quando si ha chiara la direzione” a “iniziare per poi fare esperienza e chiarire la direzione”
Su carta, si tratta solo di invertire alcune parole nelle due frasi.
Nella vita, è un concetto che ha la potenza di cambiare l’ordine delle cose.
Ecco, Alessio ha riassunto questo concetto nella sua newsletter inserendo questa citazione:
I didn’t start a blog because I had something to say, I started a blog to find something to say.
- Austin Kleon
“Non ho aperto un blog perché avevo qualcosa da dire. Ho aperto un blog per cercare qualcosa da dire”.
Continuando poi:
Ogni volta che inizio una nuova newsletter non so dove andrò a finire. Scrivere è tutto qui, non avere qualcosa da dire ma "trovare" quello che vuoi dire.
E' un processo difficile da spiegare, ma l'atto stesso di scrivere ti costringe a confrontarti con i tuoi pensieri.Penso mentre scrivo, direttamente sulla pagina e scrivere una newsletter mi ha insegnato a convivere con questa sensazione sgradevole del "non so dove vado a parare".
- Alessio
Quante idee, riflessioni, nuove cose imparate vorremmo condividere ma poi ci blocchiamo?
Portarle fuori ti fa assumere un rischio.
Il rischio che tutto ciò che hai sempre custodito con cura nella tua testa e che in quella “funzionava” ora non è più solo tuo. È in uno spazio a disposizione di “altri”.
Il rischio di schiacciare su “pubblica” e non ricevere nulla indietro.
Quanto fa paura l’idea di “gridare nel vuoto”?
Quanto fa più paura, però, non darsi la possibilità di far uscire la propria voce?
Ma allora, ha senso?
Ecco, Alessio nel suo articolo mi ha ricordato che ci sono tanti motivi per ritrovare quel senso lì.
Tra tutti, i concetti che mi porto a casa dalla sua lettura (che invito a leggere integralmente) sono:
l’importanza di imparare ad apprezzare il “fare stesso” ancor prima del risultato
la gioia di guardarsi indietro e pensare “ok oggi ho fatto 1, ma che soddisfazione da il girarsi e vedere che quell’uno è in realtà un “+1” che si aggiunge ad una lista più ampia?”
che spesso il “cosa” si capisce durante e non devi saperlo necessariamente prima per iniziare
che il “perché” può essere più forte del “cosa”
che se quella cosa ti piace e ti fa perdere il senso del tempo, allora forse vale la pena coltivarla
Intanto fare
Quando ho iniziato questa newsletter erano le 8.47 di sabato 5 ottobre. Ero seduta in un tavolino sulla terrazza del mio Ostello a Barcellona.
Ero arrivata 2 giorni prima per raggiungere la mia migliore amica che era lì in viaggio per lavoro.
Nel tavolo a fianco al mio c’era una ragazza che beveva il suo cappuccino mentre sfogliava virtualmente il suo kindle.
Attorno a noi, il silenzio.
Sarà perché era sabato mattina, sarà perché lì la vita comincia lentamente. Sentivo solo un suono di uno strumento musicale che veniva da chissà dove.
Erano le 8.47, dicevamo, e io avevo appena iniziato a scrivere questa newsletter.
Prima di uscire dalla stanza e raggiungere la terrazza Benedetta mi ha detto guardandomi assonnata: “Ma come fai?”
Come a dire: “Siamo in vacanza, è presto: come fai ad essere già pronta con il tuo pc in mano, sull’uscio della porta?”
Perché ci tengo
È stata la mia risposta, l’unica che potevo dare.
Alessio aveva ragione.
Viviamo in una cultura troppo orientata alla performance e al risultato. Tutto quello che facciamo deve "servire a qualcosa". E se tornassimo a fare le cose solo perché ci piacciono? O perché ci danno soddisfazione in sé?
Provare a stare in quell’1% a volte fa paura, ma è proprio lì, in quello spazio di vulnerabilità, che ti dai la possibilità di capire quanto la tua voce possa risuonare, anche nel silenzio.
Ecco che in questa pagina voglio lasciare (e lasciarmi) un reminder: pubblica, scrivi, crea. A modo tuo, con i tuoi tempi, con i tuoi modi.
Non per dimostrare o ottenere qualcosa, ma per scoprire chi sei mentre lo fai.
📌 P.S.
Quel giorno la newsletter non la pubblicai. Ad oggi è stato l’unico appuntamento del sabato mattina che ho saltato. All’inizio mi sono sentita in colpa per non aver rispettato “la promessa fatta”. Poi ho scelto di parlarmi con più gentilezza.
È vero, non l’ho pubblicata: e allora?
Io ero lì, su quel tavolino, per una volta non può bastare questo?
📌📌 P.P.S.
Alessio forse non lo sa, ma io lo conosco dal 2020.
Oltre a scrivere pezzi che arrivano lì dove devono arrivare, ha fondato “la Community dei Community Manager “.
Quello del “fare Community” è un lavoro per il quale, soprattutto nel 2020, non esisteva un percorso, una strada. Era un imparare facendo.
E Alessio, con il suo Blog, era un faro per noi “aspiranti tali”.
E lo è ancora oggi.
Negli anni ha organizzato diversi incontri riservati ai Community Manager.
Il primo incontro a cui partecipai fu online, c’era ancora il covid.
In quell’occasione, oltre il valore ricevuto dai vari interventi, vinsi anche una maglietta partecipando ad una gioco con una roulette virtuale
Non avevo mai vinto nulla
Riceverla a casa mi fece sentire ancora più vicina e parte del tutto.
Ho poi rivisto Alessio 2 anni dopo a Milano, il primo evento dal vivo post pandemia
Ho continuato poi a seguirlo online iscrivendomi alla newsletter e visitando il suo blog. L’ho anche consigliato ad altri
Ma tutto questo Alessio non lo sa.
E non lo sa perché, anche io nei suoi confronti, sono sempre stata tra i 90.
Ecco, mi piace pensare che con questa newsletter possa restituirgli almeno un 1% di quello che le sue parole e il suo saper essere umano prima ancora di un ottimo professionista hanno significato per me, in questi anni.
💌 A sabato prossimo
Ovviamente hai bellissimo nome!
Ciao carissima, che gioia leggere questa newsletter. Un bellissimo regalo :-) w il 90%. Allora non è vero che la mia newsletter non la legge nessuno! Intanto mi sono iscritto alla tua ok? Scrivi molto bene. Un abbraccio